Una delle più recenti commedie di Michael Frayn, è il ritratto (con relativo affresco strategico, dialettico e umano) di un leader, Willy Brandt, e del ruolo che questi ebbe in quel movimento che in seguito doveva portare alla riunificazione della Germania, ma al tempo stesso è un esame delle forze e delle debolezze sistemiche di quel sistema di governo che chiamiamo democrazia.
Lo statista viene qui osservato da vicino, a partire dall’ elezione del 1969, quando condusse per i socialdemocratici dell’ Spd la prima coalizione di centro-sinistra dopo Hitler, fino alle sue dimissioni del 1974, che furono dovute alla scoperta che il suo assistente Gunter Guillaume era una spia di Berlino Est (diffusore tra l’ altro di compromettenti resoconti sulle sua attività extraconiugali). Guillaume, descritto da Brandt come uno che “sembra il gestore di una libreria porno”, viene assunto nell’ufficio del Cancelliere come “voce dell’elettore comune. L’uomo della strada”. E la commedia segue Guillaume mentre si fa strada fino a diventare il confidente di Brandt, il suo confessore e anche l’uomo che finirà col distruggerlo. L’ironia sta nel fatto che Guillaume è innamorato di colui che tradirà, e che le sue rivelazioni rovineranno sia la carriera di Brandt che la sua politica di riconciliazione con la Germania orientale.
Come molte altre sue commedie, Democracy testimonia l’ impegno di di Frayn a decifrare i corsi della coscienza dell’ uomo. La storia di Brandt che l’autore ci racconta è una storia etica e severa, ma con discrete concessioni a paradossi, pettegolezzi e scherzi da retroscena della politica, ed è anche un’ abile commedia-puzzle per dieci attori maschi, che, tutti vestiti di grigio discutono e cospirano come tanti Senatori dell’Antica Roma.
A riti di iniziazione, briefing, romanzesche confidenze e sarcastiche riunioni di colleghi disfattisti, s’alternano i fitti discorsi clandestini tra l’ assistente-spia Guillaume e il suo controllore della DDR, mimetizzati al tavolo di un bar. Frayn snida le trame interne di partito dove le ostilità covano pericolose. Facendo parlare personaggi vivi (a differenza di Copenaghen, testo in cui apparivano delle ombre), Democracy – che deve molto a memorie e biografie – rende emotive le posizioni, le debolezze e le vanità che sono dietro la facciata di ogni esercizio pubblico del potere.
Mentre Copenhagen aveva a che fare con l’inconoscibilità del passato, Democracy è soprattutto imperniata sull’elusività della personalità umana. Brandt stesso emerge come un uomo pieno di contraddizioni: un idealista politico e un donnaiolo compulsivo, un lucido visionario colpevole di terrificanti indecisioni. :a Guillaume è altrettanto misterioso: un agente Stasi dedito alla sua causa che condivide il senso di isolamento dell’uomo che è costretto a spiare e che è affascinato dal funzionamento della democrazia.
I fatti e i personaggi storici che Frayn ci presenta nella sua commedia non sono privi di echi contemporanei: C’è il leader intelligente e carismatico rovinato dalla propria voracità sessuale; il leader misurato che sembra credere ai propri insipidi e risonanti slogan; l’aggiustatore che agisce dietro le scene, corrompendo, ricattando e tiranneggiando; il parlamentare leale che ha un colpo al cuore quando gli viene offerto – e poi allontanato dalle labbra – il calice del potere; gli uomini dei servizi di intelligence se sono tutto tranne che intelligenti…
Una bella e intrigante commedia che ha molto da dirci.
Cast: 10 uomini
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