Come sappiamo, Giuditta è la storia apocrifa di una giovane donna di Betulia che, per salvare il suo villaggio assediato dall’armata assira, si reca presso il campo nemico per sedurre il generale Oloferne. Il suo piano è di sorprenderlo nel sonno e di ucciderlo tagliandogli la testa per poi esporla sul più̀ alto bastione, provocando così, il mattino seguente, la ritirata dell’esercito nemico.
Lo spettacolo: in Giuditta, Barker trova il materiale umano ed emotivo che gli consente di sviluppare una “speculazione poetica” basata sulla guerra, il desiderio, la morte, la seduzione. Il tuono impetuoso dell’istinto e la metallica stretta della ragione di Stato. La notte di Oloferne, morsa da febbrili inquietudini, lame di acciaio nella tenebra dei pensieri, è l’ambientazione in cui si muovono Giuditta e il suo piano tragico. Tra le strade caotiche del labirinto delle parole del condottiero Assiro, Giuditta è iniziata ad un discorso sulla morte che tormenta Oloferne.
Il tempo diventa rarefatto, si perde al cospetto del pensiero. Paralizza Giuditta e la missione che si è prefissata. È in questo tempo sospeso che Barker fa fluire il rivolo magmatico di desideri, verità̀, bugie, un turbinio vertiginoso che si avvinghia tra i corpi di Giuditta e Oloferne, li spinge nel caos irreversibile di sensi e ragione mescolati assieme che sembra annichilire ogni volontà̀ ed ogni possibilità̀ di azione. Fino all’intervento della serva, voce da un altro universo, che richiama Giuditta al suo dovere e che ristabilisce la realtà̀ temporale e spaziale in cui i personaggi si muovono. La mia intenzione è quella di trasformare il testo di Barker in una pittura contemporanea, come fosse un dipinto espressionista, in cui il lato emotivo della realtà̀ viene esaltato, quasi esasperato, a dispetto della materia percepibile oggettivamente. I personaggi a cui gli attori daranno vita si muoveranno sulla scena come segni. I loro connotati reali si sublimeranno in gesti, movimenti, tracce di pennello sullo sfondo di una tela astratta. La parola, musicale e potente, ha un ruolo centrale nel testo di Barker. Con mirabile efficacia, l’autore converte la lingua da brutale a poetica a tragica, in un gioco di agilità̀ stilistica di grande virtuosismo. La lingua diventa specchio del turbinoso mulinello dei pensieri e delle emozioni e, come esso, cambia colore e suono, senza pause. Questa multiforme varietà̀ rappresenta allo stesso tempo una sfida e un’incredibile fonte di materiale su cui sperimentare sulla parola, sul suo effetto, sul suo potere di trasferimento emotivo.
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