Un dramma storico con un tema senza tempo: questo il Lutero di John Osborne, che manca da troppo tempo dalle nostre scene e che ha bisogno di un grande attore forte, carismatico e maturo e, purtroppo, di un cast molto numeroso (12 uomini, 1 donna e qualche comparsa – ma è concessa molta libertà di adattamento)
In un’intervista del 1961, Osborne disse: “Volevo scrivere un testo sull’esperienza religiosa e varie altre cose, e questo mi parve il soggetto più adatto per farlo… spero non faccia differenza se non si conosce nulla su Lutero stesso, sospetto anzi che la maggior parte della gente non ne sappia nulla, ma ritengo che il personaggio storico sia quasi secondario.”
Di Martin Lutero sappiamo se non altro che è quel monaco del sedicesimo secolo che si ribellò a certi aspetti e credenze della Chiesa Cattolica Romana dando inizio alla Riforma protestante. Ma Osborne esamina Lutero come individuo, lo interessano soprattutto le sue personali reazioni alla propria religione, fede e Dio – le trasformazioni che di conseguenza ebbero luogo in Europa non sono che un aspetto collaterale del dramma.
Ciò che Osborne ancora una volta ci mostra è un individuo in conflitto con l’autorità, che nel caso di Lutero è quella della Chiesa Cattolica. Nel dramma di Osborne, Martin Lutero persegue fino all’estremo le proprie convinzioni – pur con grandissimi dubbi – e così facendo trasforma radicalmente l’intera Cristianità.
E’ chiaro che Osborne trova in Lutero un’eco della propria testarda ribellione all’autorità costituita. Dapprima, Lutero sfida il padre, un minatore benestante, facendosi monaco agostiniano. Poi sfida l’ordine a cui ha deciso di appartenere abbracciando le sue regole con entusiasmo sovversivo. Per finire, sfida la gerarchia cattolica con il ripudio della pratica delle indulgenze papali e la sua convinzione che il giusto viva della sola fede piuttosto che delle opere.
Alla luce di tutti gli attentati terroristici degli ultimi tempi, potrebbe risultare scomodo rappresentare sulle scene la storia del padre di una forma di fondamentalismo religioso, ma il Lutero di Osborne non è in nessun caso il precursore dei grandi capi terroristici odierni. Al contrario, questo fondamentalista è preda di una tormentata contraddizione: il profeta di un terrificante individualismo dello spirito ( “Nessun uomo può morire per un altro, o credere per un altro, o rispondere per un altro” ) non può fare a meno di nutrire seri dubbi non appena le sue idee fanno nascere un movimento di massa.
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