LA TANA DEL BIANCONIGLIO
di David Lindsay-Abaire
traduzione di Marco Casazza

Becca e Howie hanno perso Danny, il loro unico figlio, investito da una macchina mentre correva in strada dietro al cane. L’investitore è un teenager, era in auto da solo, sobrio, guidava con cautela, ma non è stato in grado di frenare in tempo.
I dettagli della tragedia ed il suo effetto che permea le vite di Becca e Howie vengono rivelati attraverso una serie di scene domestiche. Non vi è alcuna esplosione drammatica, anzi, le battute sono spesso divertenti, ma assistiamo comunque all’interazione giornaliera tra due persone che non riescono più a parlarsi senza il rischio che si sviluppino scintille di disaccordo o risentimento.
Anche se non ha perso il suo rabbioso dolore, Howard vorrebbe limitare la perdita a questo unico figlio, e salvaguardare ciò che rimane del proprio rapporto con Becca, ma lei sembra farcela: si sente sbalzata via dalla propria orbita.
Becca, un tempo un’impiegata di Sotheby’s, ha lasciato il lavoro per fare la madre a tempo pieno, ma ora questa sua ragione di essere è venuta meno.
La vediamo, all’inizio, ripiegare il bucato mentre chiacchiera con la fin troppo vivace sorella minore, Izzy. Ma un rumoroso silenzio incombe sulla stanza. E mentre i discorsi hanno tutte le inflessioni di una conversazione familiare, dall’affetto all’irritazione, si percepisce la sotterranea tensione di qualcosa di non detto. Ci vuole un po’ per rendersi conto che gli abiti da bambino che Becca sta piegando con meccanica efficienza appartengono al figlio, investito e ucciso otto mesi prima, e che questo mettere in ordine è un modo per rimuovere ogni ricordo di Danny.
La conversazione fra Becca e Izzy ci permette di venire a conoscenza degli avvenimenti che hanno portato la desolazione nella casa, portando alla luce le differenze fra le sorelle. La scintilla che fa esplodere una delle piccole crisi di cui è piena la commedia è l’annuncio che Izzy è incinta. Se, da un lato, Becca sarebbe felice per la determinazione di Izzy di diventare finalmente un’adulta responsabile, dall’altro la notizia è un’altra pugnalata al cuore.
Ogni azione, grande e piccola, e ogni parola che segue sono pervase dalla consapevolezza, la nostra e quella dei personaggi, della morte di Danny. È chiaro che il tragico avvenimento non ha riavvicinato la famiglia, anzi, ciascuno si ritrova isolato con il proprio dolore. Ogni parola detta diventa quasi certamente la cosa sbagliata. Battute ed aneddoti servono solo a ferire; consigli affettuosi vengono ricevuti come schiaffi. Le conversazioni familiari grondano di recriminazioni e scuse, di irritazione e maldestri tentativi di dare conforto,
Come alla festa di compleanno per Izzy, durante la quale Becca se la prende con la madre perché paragona il suicidio del fratello eroinomane di Becca e Izzy, avvenuta undici anni prima, alla perdita di Danny.
Tutto questo è condotto con umorismo e tenera ironia, come quando Howie, dopo una cena piacevole, fa un tentativo per riaccendere la sessualità, ma Becca non riesce a lasciarsi andare…
Se Howie vorrebbe conservare ogni cosa che gli ricorda Danny, Becca vorrebbe invece liberarsene, arrivando a convincere Howie a mettere in vendita la casa.
Proprio in una giornata in cui la casa è aperta ai possibili acquirenti, arriva Jason, il ragazzo che ha investito Danny, che, per quanto incolpevole, non riesce a riprendersi dall’incidente.
Stranamente, sarà proprio l’incontro con Jason a permettere a Becca di uscire dalla propria nicchia di sofferenza, non per dimenticarla, ma per riuscire ad andare avanti con la propria vita.

PERSONAGGI:
Becca 30/40 anni
Howie marito di Becca – 30/40 anni
Izzy 35 anni, sorella minore di Becca
Nat sui 65 anni, madre di Becca e Izzy
Jason un ragazzo di 17/18 anni

LE CRITICHE DI BROADWAY nel 2006

“A beautifully observed new play blessed with David Lindsay-Abaire’s customary grace and wit. The sad, sweet release of Rabbit Hole lies precisely in the access it allows to the pain of others, in its meticulously mapped empathy. This anatomy of grief doesn’t so much jerk tears as tap them, from a reservoir of feeling common to anyone who has experienced the landscape-shifting vacuum left by a death in the family.”
[Una commedia splendidamente congegnata e che possiede il dono della consueta grazia e vena comica di David Lindsay-Abaire. Il triste, dolce sfogo di Rabbit Hole risiede proprio nel fatto che ci permette di entrare nel dolore degli altri, creando un’empatia costruita passo passo. Questa anatomia del dolore non vuole spremere a forza le nostre lacrime, quanto piuttosto fornire un’occasione per lasciarle sgorgare da quella riserva di sentimenti comuni a tutti coloro che sanno cosa significa il vuoto lasciato da una morte in famiglia.]
Ben Brantley, The New York Times

 

“GRADE: A! A transcendent and deeply affecting new play, which shifts perfectly from hilarity to grief.”
[Dieci e lode! Una nuova commedia eccezionale e profondamente commovente, che sa passare impeccabilmente dalle risate al dolore.]
Whitney Pastorek, Entertainment Weekly

“A startling, heartfelt and potent new play. Rabbit Hole, is a remarkable, affecting redirection of Lindsay-Abaire’s considerable talent”
[Una nuova commedia sorprendente, profonda e potente. Rabbit Hole è un notevole, emozionante cambio di direzione del considerevole talento di Lindsay-Abaire.]
Michael Kuchwara, Associated Press

 

“David Lindsay-Abaire’s moving drama Rabbit Hole, is a deeply felt play about the aftermath of a child’s accidental death. He observes with a clear but compassionate eye the struggles of a middleclass family to knit itself back together in the wake of a catastrophe.”
[L’emozionante dramma di Lindsay-Abaire è un’esplorazione profonda e affettuosa sugli effetti della morte accidentale di un bambino. Egli osserva lucidamente ma con compassione gli sforzi di una famiglia della classe media per ritrovarsi all’indomani di una catastrofe.]
Charles Isherwood, The New York Times

“Think hard: When was the last time a promising American playwright met or exceeded expectations? If you can’t remember, don’t worry, for the drought is over. With Rabbit Hole, David Lindsay-Abaire has crafted the most serious, simply told work of his career – a painstakingly beautiful, dramatically resourceful, exquisitely human new play.”
[Pensateci seriamente: quando è stata l’ultima volta che un promettente commediografo americano si è dimostrato all’altezza o ha addirittura superato le aspettative? Se non ve lo riuscite a ricordare, non preoccupatevi, la carestia è finita. Con Rabbit Hole, David Lindsay-Abaire ha creato il più serio e il più essenziale lavoro della sua carriera – una nuova commedia dolorosamente bella, scritta meravigliosamente e squisitamente umana.]
Leonard Jacobs, Backstage

 

“I don’t frequently advise people to pay good money to have their hearts broken, but trust me on this one. Rabbit Hole presents a tragedy and its consequences with utter candor, and without sentimentality. The dialogue is most impressive for capturing the awkwardness and pain of thinking people faced with an unthinkable situation – and eventually, their capacity for survival, and even hope.”
[Non mi capita spesso di consigliare alla gente di pagare il prezzo del biglietto per farsi spezzare il cuore, ma questa volta, fidatevi, ne vale la pena. Rabbit Hole racconta una tragedia e le sue conseguenze con sincerità assoluta e senza sentimentalismi. Il dialogo cattura con impressionante vividezza il disagio e il dolore di individui pensanti che affrontano una situazione impensabile – e , un passo dopo l’altro, la loro capacità di sopravvivenza e persino di speranza.]
Alyssa Gardner, USA Today

“The highest praise to playwright David Lindsay-Abaire! Rabbit Hole is an entertaining and satisfying play, which might just be the year’s best”
[Applausi con lode David Lindsay-Abaire! Rabbit Hole è una commedia divertente ed appagante, forse la migliore dell’anno.]
Gena Hymowech, Show Business Weekly

 

“The talented Lindsay-Abaire has dealt with the issue of loss many times before, but the approach usually involved an elbow-in-the side. With Rabbit Hole, however, the playwright makes almost no effort to leaven the pain, and the result at Manhattan Theatre Club is a strong, solemnly painted, solid drama that takes a forthright look at the outsize ripple effect that one small death creates. The play, with its layers of complexity, becomes a study of the unpredictable, unspoken rules of grieving. Marvelous.”
[Già altre volte Lindsay-Abaire ha esercitato il suo talento sul tema della perdita, ma in passato lo ha fatto dando al pubblico un colpetto di gomito. Con Rabbit Hole, invece, l’autore non fa quasi nessuno sforzo per alleggerire il dolore, e il risultato in scena al Manhattan Theatre Club è un dramma solido, dignitoso, che esamina con chiarezza gli effetti su una famiglia dalla morte di un bambino. La commedia, con i suoi livelli di complessità, diventa uno studio delle leggi non dette e imprevedibili della sofferenza. Splendido.]
Peter Marks, Washington Post

“David Lindsay-Abaire’s play is a satisfyingly strange mix: a wrenching look into grief and healing, leavened with generous spoonfuls of humor. You feel vaguely guilty for laughing, even as your laughter relieves you. In Rabbit Hole, he weaves a cloth of one strand light, two strands dark, then back and forth, and no fiber is cheap or synthetic. He offers no easy answers. This is one smart play.”
[La commedia di David Lindsay-Abaire è un misto stranamente soddisfacente: uno sguardo straziante sul dolore e la possibilità di superarlo, mischiato a dosi generose di umorismo. Ci si sente vagamente colpevoli a ridere, ma la risata dà sollievo. In Rabbit Hole, l’autore tesse la sua tela con un filo chiaro e due fili scuri, alternandoli sapientemente, senza una sola fibra sintetica o di bassa lega. Non offre risposte facili. Questa sì che è una commedia intelligente.]
Howard Shapiro, The Philadelphia Inquirer

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