Demolire il pensiero dominante.
Negare l’archetipo – stereotipo – sociale.
Scombinare l’architettura drammaturgica.
Costruire, ricombinare i pezzi, tracciare una linea del tempo che salta, ritorna, regredisce, schizza. Come una scheggia impazzita.

“Out of love”, senza amore, ma anche per amore, racconta due donne, Grace e Lorna, in un arco temporale di circa 30 anni, dall’infanzia all’età adulta, stroncata sul nascere dalla malattia che si porta via Grace. Lo fa con una struttura a quadri dove nulla è lineare e immediato, a partire dalla cronologia del racconto che, continuamente, salta da un anno all’altro, da una decade all’altra, da un secolo all’altro.

30 anni in cui la storia con la esse maiuscola accarezza il privato e lo sfiora, senza mai invaderlo o soverchiarlo.
30 anni di relazione intima, direttissima, morbosa.

Nei paesaggi della provincia inglese, Grace e Lorna giocano, crescono, scoprono e si scoprono, accompagnate da una costante, sottile violenza, di cui loro sono “portatrici sane”. Un contesto sociale contornato di drammi famigliari, desideri fumosi e sfumati, ambiguità. Dove l’uomo, il Maschio, presente e annullato, come una silhouette, o una figurina, non ha spazio d’azione e perciò si elimina, o viene eliminato. Dove le Madri tentano ma non riescono, e allora profetizzano. Dove tutto sembra già scritto e non resta che viverlo. Per poi divorarsi.

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