Siamo nel 1794 e Danton – l’eroe della Rivoluzione Francese – è stato tradito e viene imprigionato da quel Terrore che è stato lui stesso a scatenare. Per ostacolare qualsiasi tentativo di liberare il famoso prigioniero, un attore suo sosia è tenuto rinchiuso in un’identica cella ma in un luogo diverso. L’uomo che vediamo in cella usa tutta la sua astuzia per convincere il suo secondino che lui è l’impostore e che la sua abilità di imitare con tanta accuratezza l’originale deriva dall’aver in passato studiato Danton per poterlo impersonare sulle scene: lui è il ranocchio (ci dice) che ha ingoiato il principe. Il suo scopo è conquistarsi la fiducia del secondino per convincerlo a consegnare una lettera all’esterno perché gli amici lo possano liberare.
Ma chi è in realtà l’uomo che vediamo incarcerato: il vero Danton che finge di essere quello falso rimanendo tuttavia fedele a se stesso? O è davvero l’attore? O non è magari un pazzo che si crede Danton?
In ogni caso, l’uomo imprigionato al culmine del Grande Terrore ci viene presentato da Trevor Griffiths come un uomo in preda allo sgomento più amaro per il corso preso dalla Rivoluzione: la messa al bando di ogni dubbio, la continua e violenta discriminazione fra “noi” e “loro”, e l’assoluta fiducia in un “Impero” fondato sulla falsificazione.
A volte questo Danton ci scruta direttamente – noi, “piccoli volti bianchi nel buio” e si rivolge a noi come a quei posteri che egli è convinto saranno a loro volta imprigionati fra le mura di quelle falsità e menzogne che la Rivoluzione sta innalzando. Ma non tutto è perduto: perché per quanto gli ideali di Libertà, Fraternità e Uguaglianza potranno indebolirsi, grazie proprio alla Rivoluzione la Speranza rimarrà ormai definitivamente all’ordine del giorno dell’umanità.
Scritto inizialmente per la BBC, questo testo è stato poi presentato con successo sia a Belfast che al Bush Theatre di Londra.
Cast: 2U
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